Ci siamo lasciati in estate con uno spot Nike che recitava: niente può fermare lo sport. Non ci ha fermato quanto occorso. Ci siamo salutati il 3 agosto ed il 24 ci siamo ritrovati. Siamo pieni di difficoltà, impegni, fatiche ed ansie, ma siamo ancora qui e siamo forti.
Venerdì è stato rinnovato lo Stato di emergenza sanitaria fino al 31 gennaio 2021. L’estate alle spalle, la ripresa delle attività scolastiche e sportive sembrava proiettarci verso la soluzione di questo drammatico periodo ma in realtà ci siamo ancora dentro fino al collo. Tutti quelli che come noi hanno un ruolo così importante nella società si domandano da tempo se ce la faremo, quanto durerà, quanto resisteremo ancora?
Abbiamo però l’obbligo da erogatori di servizi socio educativi ed assistenziali di riflettere su ciò che questo periodo ci ha lasciato per essere pronti ad affrontare ciò che ci sarà dopo.
Tutti noi abbiamo ad inizio pandemia sentito e forse condiviso l’augurio che questa esperienza ci avrebbe reso migliori, come individui e come società. Che la sofferenza e le privazioni ci avrebbero rieducato rispetto ai valori ed alle priorità.
Poi tutti abbiamo ritenuto plausibile il contrario. Le difficoltà in realtà radicalizzano le disfunzioni sociali, esaltano le maleducazioni, le prepotenze, i difetti. Questa esperienza ci peggiorerà ulteriormente.
Francamente non lo so, non ho gli strumenti, la cultura sufficiente per una lettura così difficile, quello che però mi sento di dire è che questa esperienza per quel che ho potuto osservare ci ha rivelato.
Ha messo in evidenza vizi e virtù dei sistemi e delle persone che li compongono e da questo dovremmo innanzitutto ripartire per capire, per essere migliori, per i ragazzi che accogliamo e per noi.
Abbiamo l’onore di rappresentare il mondo dello sport all’interno di questa comunità educante. Rappresentando lo sport in questo Centro giovanile non possiamo trascurare ciò che sta accadendo intorno a noi.
Negli Stati Uniti, culla di molte delle tendenze mediatiche e culturali che ci riguardano, lo sport sta dimostrando attraverso il movimento Black Lives Matter che l’esigenza di andare oltre il proprio operato ordinario è un’emergenza.
I circuiti professionistici del basket, del baseball, del calcio, del tennis, della Formula 1 stanno sollecitando una riflessione che non riguarda solo la questione raziale ma l’equità sociale.
Lo sport è un vettore, altrimenti rimane una palla che rimbalza, una vittoria ed una sconfitta, un evento che sempre e comunque ci sarà aldilà ed oltre noi.
Non è una questione partitica, non ci interessa in questa sede, ma politica.
Molti atleti del calibro di Lebron James usano lo slogan Bigger than basketball, Colin Kaepernick dice Bigger than football, gli Yankees scrivono sulle divise Bigger than baseball. Questo è il punto: ognuno di noi si senta parte di qualcosa di più rilevante.
Quello che facciamo è uno strumento grazie al quale possiamo esprimere qualcosa che va oltre ciò che facciamo. E’ il nostro essere politico.
Sento di dire che questo spirito debba essere il centro, la motivazione primaria che dovrebbe animarci in questa epoca. Perché credo che ora più che mai o riusciamo insieme o sarà il peggio per i ragazzi che ci vengono affidati.
Stiamo vivendo da mesi una stagione di grande impegno, ne sono quotidianamente toccato e ne sento il peso, per me e per tutti voi.
Ci siamo rinforzati come comunità, compattati e stiamo affrontando un lavoro faticoso in un momento di grande rischio.
Tutti stiamo facendo più di prima, con maggiori responsabilità, con maggiore difficoltà a capire, proprio perché ci stiamo inoltrando insieme in un percorso di condivisione e corresponsabilità e non sappiamo cosa ci attende, spesso neanche cosa troveremo domani dietro l’angolo.
Ma c’è un nuovo clima che si respira tra noi. Vedo istruttori di diverse sezioni che si relazionano con coscienza della reciproca dipendenza, vedo che la forza con cui abbiamo reagito nel mese di giugno arde ancora.
Vogliamo renderci utili per la Società perché questa possa essere in grado di rispondere alle nostre esigenza.
Sta a noi scegliere ed animare la voglia di mantenere questa fiamma viva, alimentarla nel giusto modo perché non sia un fuoco intenso e breve ma si concretizzi in un matrimonio di intenti longevo.
Bisognerà essere capaci nel difficile compito che ogni sposo deve dimostrare quotidianamente di saper sostenere: capire, supportare, credere spesso anche in ciò che non ci trova persuasi, perché ci si fida e perché si ritiene possibile e prioritario salvaguardare la Casa.
Ognuno si senta parte di qualcosa più grande perché ora più che mai possiamo incidere come comunità e quindi come singoli. Ce la faremo, perché stiamo migliorando, forza SPO!
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